Il termine di derivazione ellenica “iconoclastia”, il cui significato letterale è “distruzione delle immagini”, è stato coniato per definire una corrente religiosa, affermatasi agli inizi del 700 nell’Impero Romano d’Oriente, che associava il culto delle immagini sacre ad una sorta di empia idolatria pagana ed esortava di conseguenza alla loro demolizione. Questo moto, in realtà, aveva la ben più concreta finalità di delegittimare l’imputazione di feticismo e di velleità anticlericali mossa all’occidente cristiano dai militanti dell’Islam, che miravano al controllo delle terre monasteriali in antitesi con l’Impero.
Il vocabolo fu in seguito impiegato per individuare diverse espressioni di avversione distruttiva per la venerazione delle rappresentazioni sacre, da quella degli islamici per la figura di Maometto a quelle dei calvinisti e, più di recente, dei puritani protestanti (cd. iconoclastia protestante).
Valenze negativa e positiva dell’iconoclastia
Se è indubbio che l’iconoclastia, nelle varie manifestazioni ed epoche storiche, abbia arrecato danni irreparabili al patrimonio artistico religioso e sia per questo senz’altro da condannare, è pur vero che una lettura approfondita e circostanziata delle sue diverse espressioni è suscettibile di evidenziarne talora anche una sottesa valenza positiva, che ha le proprie radici nel più profondo substrato teologico del fenomeno e nella tendenza alla rivalutazione di una più intima spiritualità, spesso contrastata dall’immediatezza del messaggio visivo delle immagini religiose.
Non bisogna tralasciare, inoltre, l’analisi dei contesti socio-politici nel cui ambito si sono sviluppate le varie correnti iconoclaste: essi forniscono infatti un’imprescindibile chiave di lettura, definita e circostanziata, delle motivazioni contingenti mutevoli da caso a caso ma, come nel 700, sempre presenti. Al punto che si è autorevolmente sostenuto che l’iconoclastia, più che essere una manifestazione religiosa, costituisca una peculiare forma espressiva di moti politici. In particolare è emerso da diversi studi che essa accompagna pressoché costantemente invasioni, rivoluzioni e drastici e brutali cambiamenti di regime esprimendo spregio e violenta furia nei confronti del precedente assetto politico-sociale con la distruzione delle sue icone.
Iconoclastia come dissacrazione e rabbia distruttiva
Il termine in oggetto è stato poi utilizzato in un’accezione ulteriore e più ampia rispetto a quella originaria, acquisendo l’attuale significato metaforico di un’atteggiamento in totale ed aggressivo contrasto con le più comuni convenzioni e gli schemi sociali ordinariamente recepiti.
In una successiva caratterizzazione dell’accezione si è poi giunti a definire iconoclasta chi, essendo incline a discutere in modo sterilmente critico e mai costruttivo, travolge inevitabilmente ogni convinzione, principio ed abitudine con la propria foga distruttiva che risulta, peraltro, priva di senso e fine a se stessa e può arrivare a sfociare in una vera e propria affezione psicopatologica, la mania iconoclasta.
In conclusione si può affermare che l’iconoclastia abbia assunto, da quando si è caratterizzata ed è stata definita come impeto annientatore delle immagini sacre, significati variabili a seconda dei contesti pur nell’identità del senso di azione latamente distruttiva. Azione tramite cui prendevano e prendono forma esigenze e sentimenti spesso concreti e determinati da precise circostanze storiche, la cui analisi contribuisce alla comprensione di vicende terrene facenti parte dell’avventura umana.