Investire in obbligazioni: in questa semplice chiave di ricerca si nasconde in realtà una complessità finanziaria di non poco conto. Infatti non solo ci sono diverse tipologie di bond, termine che è sinonimo appunto di obbligazione, ma anche una volta intesa la differenza tra Titoli di Stato ed obbligazioni societarie, o corporate, vanno analizzati i rischi, le modalità di investimento, le asset class, come si generano i profitti e altro ancora. Storicamente gli investimenti in obbligazioni, in particolare Titoli di Stato come BOT e CCT oppure le obbligazioni bancarie, erano tra i must per il piccolo risparmiatore poco esperto, i classici “investimenti per famiglie” oltre che per i grandi investitori istituzionali: ma ormai questo settore è diventato decisamente più complesso e con diversi sbocchi dovuti all’allargamento dei mercati (negli anni ’80 neanche era considerata la categoria dei bond emessi dai Paesi Emergenti, oggi invece è tra le più ricercate e analizzate), alla finanza speculativa, alle economie più intrecciate tra i vari paesi come ad esempio dimostrano gli effetti del Quantitative Easing della BCE sui principali bond europei. Vediamo dunque in questa guida dettagliata cosa dovrebbe preliminarmente sapere l’investitore che si affaccia in questo settore primario degli investimenti.
Definizione di obbligazioni e tipologie di bond
Un’obbligazione è un titolo di debito che viene emesso da un ente privato o pubblico, messo in vendita con la “promessa” del rimborso del capitale alla scadenza prefissata al momento dell’emissione, più gli interessi pagati a scadenze prefissate (in genere annuali o semestrali, ma anche mensili) durante la vita del titolo. La scadenza può essere di pochi mesi ed arrivare a 10, 20 anni o anche più, in particolare per i bond governativi. Il termine inglese di “bond” (in tedesco “bund”, in spagnolo “bonos”) è sinonimo di obbligazione, come anche “emissione”.
Tra le obbligazioni ci sono dunque tutti i tipi di Titoli di Stato, che servono allo Stato emittente per finanziare il debito come si suol dire. Il debito verso chi? Primariamente verso le banche centrali che emettono moneta ma anche verso altri enti economici e produttivi, un debito che può essere comprato dai cittadini del suo stesso territorio (tipico il caso del Giappone che ha un livello di debito pubblico altissimo, fino al 200%, ma quasi tutti che resta all’interno) come da cittadini stranieri o dai cosiddetti “investitori istituzionali” quali banche e fondi d’investimento.
Poi ci sono le obbligazioni corporate, o societarie in italiano, che sono quelle emesse da aziende private, tra cui anche le banche (le obbligazioni bancarie sono dunque corporate): in termini pratici sono come una raccolta fondi per finanziarie le attività, sempre con l’impegno di restituire il capitale nominale (che può variare, come spiegato nel corso dell’articolo) più i rendimenti cedolari, cioè gli interessi.
I bond governativi sono, per alcuni fattori, una tipologia più semplice di obbligazioni, mentre quelli emessi da società private possono avere una maggiore differenziazione che dipende da molti elementi che vanno dal tasso di interesse fisso o variabile e composto da diverse voci alla modalità di rimborso, fino al grado di garanzia dato al possessore in caso di default dell’emittente.
Dunque è necessario dare ulteriori delucidazioni sulle tipologie di bond disponibili sul mercato in modo da fornire più elementi informativi a chi intende investire in obbligazioni: come detto in precedenza questa classe d’investimento è molto varia e per giungere a un buon livello di profitti riducendo il rischio al minimo necessario occorre diversificare il portafoglio, ma con consapevolezza. Vediamo un elenco le principali obbligazioni su cui è possibile investire con la più importante caratteristica che le contraddistingue.
In base al tipo di tasso di interesse offerto, ovvero al rendimento della cedola, abbiamo:
- obbligazioni a tasso fisso: in questo caso il rendimento è stabile e predeterminato
- obbligazioni a tasso variabile: come dice il nome, il rendimento cambia nel corso del tempo perchè ancorato a parametri come l’Euribor o gli indici borsistici che fluttuano nel tempo, oppure perchè è già predeterminata al momento dell’emissione una variazione del tasso, magari nel caso di avverarsi di certi fatti finanziari
- obbligazioni a tasso misto: il rendimento è in parte a tasso fisso e in parte a tasso variabile
Le obbligazioni ordinarie sono quelle che danno diritto ai possessori al rimborso in via prioritaria nel caso di fallimento o liquidazione dell’emittente, invece le obbligazioni subordinate offrono sì un rendimento in genere maggiore ma sono più rischiose perchè il rimborso in caso di default avverrà dopo quello ad altri creditori, tra cui i detentori delle obbligazioni ordinarie. Il problema è che nei casi peggiori possono essere del tutto o in parte annullate se non ci sono più fondi dopo i rimborsi agli altri creditori o se usate per il risanamento, come è successo a chi aveva obbligazioni bancarie subordinate di Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFe nel 2015.
Le obbligazioni convertibili danno la possibilità al possessore di essere convertite in azioni della società emittente, ad una data stabilita: ovvio è che occorre a quel punto farsi attentamente nuovi calcoli, valutare la situazione di mercato e dell’azienda ed altro ancora. Un buon prodotto d’investimento per i più esperti.
Le obbligazioni strutturate sono tra le più complesse perchè incorporano un contratto derivato, dal quale deriva un premio al momento del rimborso finale oppure ulteriori cedole. Il rischio può essere più alto proprio per la natura del derivato.
Infine segnaliamo le obbligazioni callable che consentono all’emittente di procedere al rimborso prima della scadenza.
Come investire in obbligazioni per ridurre i rischi
Il piccolo risparmiatore può investire in obbligazioni, che siano Titoli di Stato o bond societari, comprandole tramite una banca oppure un broker obbligazionario, mettendo in conto che difficilmente il taglio minimo di acquisto è sotto i 1000€. Da calcolare anche le commissioni e le spese del deposito titoli, oltre alla tassazione sugli interessi che normalmente è del 26% ma scende al 12.50% per i Titoli di Stato italiani, quelli equiparati emessi da organismi internazionali e quelli emessi da Stati esteri nella “white list”: spese di gestione e tasse sono fattori da tenere sempre in considerazione quando si valuta la convenienza di investire in bond corporate o governativi, soprattutto in periodi come questo nel quale molte emissioni tra le più sicure, in particolare europee, hanno rendimenti cedolari molto bassi. Più avanti affronteremo anche il discorso sul vendere le obbligazioni per realizzare un guadagno in capital gain.
Come per ogni investimento, anche quello obbligazionario richiede un certo grado di diversificazione: mai investire tutto il capitale o buona parte di esso in un solo prodotto (anzi, neppure in una sola assett class se è per questo), come purtroppo dimostra la recente vicenda degli obbligazionisti di Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFe. Occorre infatti ponderare tra investimenti profittevoli ma più rischiosi e investimenti più difensivi per salvaguardare la propria liquidità, si deve gestire il capitale oculatamente cercando di coprirsi dal rischio di default dell’emittente, dal rischio di mercato nel caso di disinvestimento prima della scadenza senza alcun capital gain a causa del perdere di valore del prodotto, ovvero il prezzo dell’obbligazione se salgono i rendimenti (vale in particolare per i Titoli di Stato), dal rischio di cambio per le emissioni in valute estere.
Chi investe in obbligazioni ha un amplissimo ventaglio di bond di vario genere tra cui scegliere e dovendo comunque seguire la regola aurea degli investimenti, cioè proprio la suddetta diversificazione, potrebbe perdersi nel vasto “mare” delle obbligazioni disponibili se non è un esperto del settore. Puntualizzando che comunque un principiante della finanza dovrebbe pensarci bene prima di entrare in questo settore e farsi consigliare da esperti, diciamo che una buona soluzione è quella dei fondi d’investimento obbligazionari, degli ETF: gestiti da società specializzate con professionisti per ogni asset class che analizzano i mercati e le prospettive future in modo da selezionare le obbligazioni migliori per tutti i parametri disponibili, con una sola operazione si investe in molti bond diversi così che i rischi siano “spalmati” per avere così un capitale più tutelato ed un insieme di profittabilità misurato al livello di rischio. Inoltre consentono di investire con capitali mediamente più bassi che andando a scegliere le singole obbligazioni, spesso con tagli di acquisto minimi di diverse migliaia di euro.
Un elemento fondamentale da tenere sempre in considerazione quando si valuta il rischio di un investimento in obbligazioni di qualsiasi tipo è la volatilità, che già nelle righe precedenti abbiamo accennato parlando del prezzo del bond che varia a seconda dell’andamento degli interessi. La definizione precisa di volatilità, quando si parla di obbligazioni, è “valore assoluto della variazione percentuale nel prezzo, rapportata ad una variazione del rendimento effettivo netto dovuta solo alle variazioni dei tassi di interesse”. È quindi scontato dire che più è lontana la scadenza dell’obbligazione e più questo rischio può essere importante, anche se ovviamente dipende dall’andamento dei rendimenti: dunque attenzione ai bond con tasso variabile, in tutto o in parte, mentre per i Titoli di Stato il discorso è più complesso.
In ogni caso è davvero fondamentale considerare la volatilità e l’andamento del prezzo di un bond nel corso della sua durata perchè se il prezzo diminuisce, diminuisce anche il valore nominale dell’investimento fatto e non è detto che quanto guadagnato con le cedole, il cui tasso di interesse è aumentato, ci faccia andare in positivo. Inoltre è possibile vendere le obbligazioni prima della scadenza, ma il loro prezzo non sarà quello pagato all’acquisto: dopo l’emissione i bond si scambiano continuamente in Borsa Valori, proprio come le azioni, e il prezzo che si determina in questo che viene detto mercato secondario dipende dall’andamento dei tassi di interesse, dalle condizioni dell’emittente, dal volume degli scambi. La vendita sul mercato secondario può essere fatta per liberarsi di un titolo che ha deluso le aspettative e limitare i danni, diciamo così, oppure per realizzare un guadagno detto capital gain che consiste appunto nel vendere ad un prezzo più alto rispetto a quello di acquisto, se le condizioni sono favorevoli. In entrambi i casi ci sono da considerare con attenzione le commissioni e le tasse da pagare.